Emergenza Mali – Claudia ci racconta…
EMERGENZA MALI - Claudia ci racconta...
CAPITOLO II – Incontro con donne e bambini in alcuni villaggi vicino Douentza
Igiene e salute
Potrei stare ore e ore a raccontarvi le mie emozioni, le mie sensazioni. Potrei analizzare ogni attimo, ogni incontro, ogni momento, ma non riuscirei mai e poi mai a spiegare cosa porta una donna anziana dell’età apparente di 70 anni incontrata nel villaggio di Ibissa a inginocchiarsi davanti a noi per ringraziarci dei doni ricevuti. Sono anni che vivo qui e ancora non mi sono abituata a vedere certi comportamenti. I miei occhi si sono riempiti di lacrime e i suoi sono diventati lucidi per la gioia. Ma come è possibile che una persona debba sentire il bisogno di ringraziare fino al punto di “umiliarsi”, dal nostro punto di vista, in questo modo solo perché ha ricevuto una zanzariera, una stuoia, del sapone e del disinfettante? Voi, che mi state leggendo, vi sareste mai inginocchiati per cose del genere? Ovviamente la risposta è no! Ma qui la povertà che si incontra è veramente estrema e gli aiuti che arrivano direttamente alle persone sono molto pochi. Raramente ho visto bianchi andare nei villaggi sperduti nella savana, soprattutto adesso in tempi di crisi e di pericolo. E’ comprensibile che i cooperanti cerchino di non esporsi ai pericoli di rapimenti o altro, ma è proprio adesso che le persone qui hanno bisogno di noi e noi non possiamo mancare. E’ la nostra missione, è la nostra vita, non è semplicemente un lavoro.
Lasciamo da parte la morale e torniamo al progetto che mi spinge a scrivervi. In questi giorni abbiamo iniziato la nostra seconda attività: visite mediche per i bambini di alcune scuole, la formazione sull’igiene di base e la distribuzione di 50 kit di igiene a delle donne nel villaggio di Ibissa.
Le visite mediche sono state effettuate nelle suole nella regione di Mopti, nel distretto di Douentza, una cittadina dove mi sono trasferita da alcuni anni, e sono state fatte da parte di un infermiere che lavora normalmente nella sala operatoria del dispensario di Douentza, aiutato, alle volte da un’ostetrica. I villaggi sono dieci, le scuole sono anch’esse dieci ma i bambini circa 1.488. Il lavoro è stato veramente molto pesante, ma la soddisfazione ancora una volta immensa. I bambini delle scuole all’inizio della nostra visita erano tutti molto contenti, ma non appena iniziavano a comprendere che si trattava di un dottore, beh.. c’è chi alla vista del termometro, pensando fosse una siringa, ha cercato di lasciare l’aula saltando per la finestra. E’ stato difficile convincerlo a ritornare in classe, ma alla fine ce l’abbiamo fatta! Ogni villaggio ha la sua realtà, le sue malattie. In alcuni villaggi, che ho visitato, le persone consumano l’acqua raccolta in buche scavate nel terreno, lasciate senza alcuna protezione alla portata di animali. Raccolgono quest’acqua in secchi e la usano per cucinare, lavarsi e bere. Tutto questo porta ovvie conseguenze sulla salute della popolazione e soprattutto dei bambini. Moltissimi hanno vermi intestinali, moltissimi la diarrea o la dissenteria, molti hanno ferite infette e molti, non avendo la possibilità di curarsi, semplicemente muoiono pensando che sia la volontà di Dio. Inoltre, in questo periodo che precede l’inverno (qui l’inverno è la stagione delle piogge e inizia a giugno per finire verso settembre), l’arrivo della pioggia è annunciata da una enorme nube di polvere proveniente dal Sahara. Anche qui, l’ovvia conseguenza è che ci sono bambini affetti da malattie respiratorie, come l’asma e la tosse. Alle visite sono stati sempre presenti un parente facente parte del CGES, comitato di gestione della scuola, il maestro, che nella maggior parte dei casi traduceva dal francese-bambara alla lingua locale (in Mali esistono molteplici etnie e alle volte è difficile per un maliano comunicare con un altro maliano) e i bambini della stessa classe. Sono stati visitati e poi curati con i medicinali che avevamo portato da lasciare alla scuola. I farmaci erano tutti di tipo generico, tipo paracetamolo, amoxicillina, antidiarroico, disinfettante per le ferite, colliri, cerotti e bende. Non abbiamo incontrato bambini gravemente malati, per fortuna. Solo una bambina aveva una infezione acuta alla mano, per il resto nulla di grave. Una bambina, alla domanda :”che cosa ti senti?” continuava a rispondere “ho la malattia”, “quale? Cosa ti senti? Dove ti fa male?” – “ho detto che ho la malattia!” credendo che la parola “malattia” designasse un tipo particolare di malattia. Ad oggi non abbiamo ancora capito di cosa soffrisse, o meglio, abbiamo capito che aveva sentito gli altri bambini dire “sono malato” e credeva che fosse la risposta giusta da dare…
Nei casi dei bambini più piccoli, abbiamo corso il rischio che tutta un’intera classe avesse la stessa patologia del primo visitato, perché la malattia del primo bambino era quella che poi presentavano tutti gli altri! Tutti, comunque, avevano il mal di testa, cosa spiegabile per l’eccessivo caldo di questi giorni (47°).
Accanto all’aula delle visite mediche, Djéneba, la nostra ostetrica, si intratteneva con una ventina di donne per cercare di sensibilizzarle sul problema dell’igiene e della salute infantile. Come dicevo, alle volte, non è cattiva educazione non rispettare le buone norme igieniche, ma la mancanza di possibilità, di mezzi economici e di situazioni circostanziali. Non avendo un pozzo nel villaggio, le donne sono costrette a utilizzare acqua sporca, contaminata dalla saliva e dagli escrementi degli animali, non hanno frigoriferi per conservare gli alimenti (il 99% della popolazione dei villaggi non ha neppure l’elettricità), non hanno la possibilità di cucinare in un luogo pulito e confortevole al riparo dagli insetti come le mosche, molte non hanno neanche una toilette per espletare i propri bisogni naturali. Ovunque si possono vedere persone far pipì e il resto all’aperto e/o vicino a corsi d’acqua. Abbiamo chiacchierato con loro, abbiamo cercato di far comprendere che la salute dei bambini è strettamente legata alle condizioni igieniche e speriamo che il messaggio sia stato un po’ recepito.
E poi veniamo alla distribuzione di kit d’igiene. Abbiamo preparato 50 kit comprensivi di saponi, shampoo, disinfettante, bastoncini per pulire le orecchie, una stuoia e una zanzariera. Come vi dicevo all’inizio, le donne, dopo essere state “formate” sull’igiene, hanno ricevuto questo regalo e la gratitudine è stata profonda. Alcune signore anziane alla vista dei bastoncini per orecchie mi hanno chiesto se si potevano mangiare… era la prima volta che li vedevano in vita loro. Molte, una volta tornate a casa, ci hanno fatto arrivare per ringraziarci: manghi, cipolle, patate e mais! La visita al villaggio di Ibissa si è conclusa verso sera con una bella abbuffata di mais, ovviamente cucinato nelle migliori condizioni igieniche, ve lo assicuro!
Nella prossima “puntata” di “EMERGENZA MALI” vi racconterò della distribuzione di cibo nelle mense scolastiche. Per ora è tutto e vi saluto. Vi mando un abbraccio calorosissimo e speriamo che tutto vada bene.
Ciao! Clokass
Capitolo I – Incontro con le cooperative femminili a Douentza
In questi giorni ho avuto modo di incontrare le donne delle cooperative che abbiamo scelto di aiutare con il progetto finanziato dal nostro Ministero degli Affari esteri. Lasciatemi dire che è stata una vera e unica emozione, perché tutte queste donne, e sono tante, io le conosco da molto tempo, ho vissuto accanto a loro per molti anni prima che arrivasse la ribellione a sconvolgere le nostre vite. C’è chi vendeva ogni mattina le frittelline di riso, chi camminava ore e ore sotto il sole per vendere le banane accanto alla strada, chi vendeva succhi artigianali in bottiglie riciclate, chi, durante la ribellione ha perso il marito, chi ha perso dei figli,.. ognuna di loro ha una storia e, purtroppo, non riesco a raccontarvele tutte, ma sappiate che l’altro giorno erano tutte emozionatissime e molto molto incredule, perché nella vita nessuno le ha mai aiutate. Per molti mesi, per non dire per molti anni, hanno ascoltato promesse d’aiuto e oggi non ci credevano più. Quando ho dato loro la notizia che sarei arrivata con i fondi a loro designati, molte non si sono neanche presentate all’appuntamento perché credevano che fosse, ancora una volta, una semplice promessa e, invece, quando hanno sentito le altre dire che i soldi sono arrivati.. beh… la storia è cambiata!
Incredule e desiderose di iniziare le attività. Per anni tutte queste donne si sono ritrovate almeno due volte al mese per scambiarsi idee e per aiutarsi con il metodo delle “tontine”. Non so se conoscete di cosa di tratta: è un sistema inventato da un banchiere napoletano, Lorenzo Tonti, nel 1653. Si tratta di una formula associativo-assicurativo attraverso cui i soci potevano usufruire di un capitale fruttifero che poteva essere ripartito in un certo periodo o devoluto in eredità. Le tontine in Africa sono utilizzate dalle donne che, nell’ambito del quartiere o del villaggio di appartenenza, assumono il ruolo di principali animatrici in un clima di solidarietà e di assistenza che costituisce un importante palliativo alle difficoltà della comunità. Ogni donna versa ogni mese una cifra stabilita in anticipo e ognuno delle partecipanti riceve, a turno e/o secondo l’ordine di iscrizione, oppure per sorteggio, l’intera raccolta. Alle volte il turno viene modificato se per caso nella famiglia di una donna avviene un evento particolare come un matrimonio, un battesimo, un decesso.
Ora, con i fondi del progetto, tutte queste donne coraggiose hanno a disposizione un capitale da investire in attività agricole per riattivare banche di cereali abbandonate durante il periodo della crisi socio politica del 2012-2013, altre vogliono acquistare dei montoni da ingrassare per poi rivenderli per la festa della Tabaski e altre hanno deciso di rimettere a nuovo un grande campo lasciato incolto per anni per trasformarlo in un qualcosa di redditizio coltivando riso (assai raro a Douentza), miglio, fagioli e verdura nel periodo secco.
Ormai abbiamo lanciato una sfida anche tra di loro. Sapendo che altre hanno avuto il finanziamento, ogni cooperativa vorrà dimostrare d’essere migliore dell’altra, d’aver meritato più delle altre la nostra fiducia nella speranza di poter usufruire in futuro di altri aiuti. Il periodo che è passato non è stato per nulla facile per loro, molte hanno lasciato le loro case per scappare dai ribelli e dagli islamisti. Tutte hanno avuto paura per loro e per le loro famiglie. Oggi posso dire che ho visto nei loro visi un po’ di speranza e un po’ di serenità.
Ma, per non apparire, troppo melensa, devo dire anche che alcune donne non appena hanno visto le banconote hanno gridato “alla fuga!”, molte pensavano che tutte quelle banconote dovevano essere distribuite tra di loro e basta, altre si sono pentite d’aver dubitato dell’onestà della loro Presidentessa. Infatti, molte, avendo sentito che il progetto sarebbe dovuto cominciare a gennaio hanno creduto che i fondi erano già arrivati in Mali a suo tempo, presi e sperperati dalla Presidentessa. Per questo motivo, ho preferito radunare il maggior numero di donne della stessa cooperativa e dare alla Presidentessa l’ammontare con loro testimoni per evitare discussioni e fraintendimenti. In un caso ho radunato due cooperative nello stesso luogo, così da far vedere che tutte e due le cooperative ricevevano la stessa cifra. Per una questione di rispetto verso la dignità della persona non ho preso foto del momento esatto della consegna dei soldi, ma mi sono limitata alla foto della firma sulla ricevuta.
Devo dire, ancora una volta, che è stata una bella emozione e vi trasmetto le loro benedizioni. Spero che vi possano raggiungere e scaldare il cuore. Spero d’avervi fatto partecipe anche per poco di quell’atmosfera gioiosa e festosa.
Vi saluto e a presto. Ora devo pensare alla distribuzione dei kit d’igiene a 50 donne, a preparare delle visite mediche in 10 scuole in alcuni villaggi nella savana… Vi terrò aggiornati!
A presto con altre notizie e storie.
Claudia
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